Nel tempo del sogno, come lo definirebbero gli aborigeni australiani, o in un tempo lontano (ma non lontanissimo) le cose a Savona andavano in modo ben diverso da come vanno adesso. La maggior parte della popolazione viveva in uno stato di dignitosa povertà che pareva tanto ineluttabile da essere accettata, tutto sommato, serenamente. La fede era l’ancora di salvezza cui appigliarsi, la devozione alla Madonna di Misericordia, apparsa al Beato Botta sulle alture della città il 18 marzo 1536, rappresentava l’unica speranza di ascolto e di aiuto nei momenti di difficoltà.
Non si sa con certezza quando iniziò la bella consuetudine di onorarLa, la vigila dell’anniversario dell’apparizione ovvero la notte del 17 marzo, con l’accensione dei lumi. Si dice che le case dei ricchi esibissero nell’occasione straordinarie file di luci sui davanzali. Anche le numerose edicole votive, disseminate ovunque, erano addobbate con fiori e lumini. Lo spettacolo era talmente suggestivo che le mamme conducevano i bambini in giro per la città ad ammirare tanto inconsueto splendore.
E la povera gente? Beh, chi poteva, a costo di sacrifici, non lesinava almeno in quella circostanza ed esponeva il proprio lucignolo alimentato da un po’ d’olio sottratto alla magra dispensa. Anche i calafati e i maestri d’ascia del porto volevano rendere omaggio alla Vergine e allineavano una lunga teoria di lumini che dallo scoglio della Marinetta raggiungeva le pendici della chiesetta di Santa Lucia. Lumini realizzati con la stoppa del cordame delle navi intrisa di sugna, un po’ sgradevoli all’odorato ma commoventi testimoni di devozione.
Fuori dalle mura, nel contado, le cose andavano più o meno allo stesso modo, i signori sfoggiavano, i poveri si arrangiavano. Nell’ antico quartiere delle Fornaci i mattonai e i fabbricanti di stoviglie usavano piccoli scarti della lavorazione come supporto per i loro lumini. Poi, si dice, li posavano sulla sabbia del litorale – lì dove quasi ogni giorno partivano le barche cariche di pignatte e di mattoni – creando un suggestivo serpente di luce in faccia al mare che li accarezzava, spesso spegneva. Alcuni resistevano e cavalcando le onde guadagnavano il largo e si perdevano in quel buio indistinto che confonde mare e cielo.
Narra la leggenda (ma quanto di vero c’è nelle leggende!) che in una di quelle notti dedicate alla Madre di Misericordia, infuriasse la tempesta. La gente si chiudeva in casa, ma chi si trovava in mare non aveva luogo per ripararsi. Una paranza maremmana con a bordo quattro pescatori lottava tra le onde per restare a galla. Imbarcava acqua e a poco serviva “gottare” per svuotarla.
Un’onda più forte delle altre alla fine l’ebbe vinta. La barca si spezzò in due tronchi, poi in pezzi più piccoli e tre degli uomini a bordo, forse colpiti dall’albero della vela, scomparvero tra i flutti. Ne restava solo uno, disperatamente aggrappato a un pezzo del fasciame, semiaffogato, gli occhi che bruciavano per l’acqua salata, senza più forze. Eppure la tempesta andava calmandosi e il mare placato non faceva più così paura. La costa, però, era scomparsa. Dove lo avevano trascinato le onde? si chiedeva il marinaio. Verso quale direzione doveva cercare di spingere il pezzo di legno che lo teneva a galla? La tentazione di lasciarsi andare, di non lottare più per un’impresa che sapeva disperata, era forte, ma nella mente dominava l’immagine dei figli che lo aspettavano a casa. Erano ancora piccoli e gli sembrava di sentirli piangere, chiamandolo. Chi avrebbe provveduto al loro sostentamento dopo la morte del padre? In mare irato, in sùbita procella, invoco Te, nostra benigna Stella… non era quello il distico dei pescatori savonesi di cui aveva sentito parlare?
Invocò il nome di Maria, Madre di Misericordia, quasi con prepotenza. Anche tu avevi un Figlio e lo hai perduto, aiutami a tornare a casa dai miei! Nessuna risposta, solo il silenzio lo circondava. Poi una piccola luce gli apparve vicino, forse la sua anima, pensò amaramente, che si preparava ad abbandonare il corpo sfinito. La piccola luce era caparbia, insistente e sembrava indicare all’uomo la direzione giusta, la via della salvezza. Per quel che vale, pensò il pescatore, e cominciò a spingere da quella parte. Non era facile tenerle dietro, era così stanco! Però le forze, anziché diminuire, sembravano ritornare, alimentate da una speranza che non aveva niente di ragionevole. Un tempo infinito lo avvolse, scandito dalla determinazione a non perdere di vista la piccola luce coraggiosa. Quanto durò quell’assurdo, irreale inseguimento? Non avrebbe saputo dirlo, ore forse. Poi la costa riapparve e la visione gli scaldò il cuore, una costa illuminata da tante piccole fiammelle, le sorelle di quella che stava caparbiamente inseguendo. Un ultimo immane sforzo e si ritrovò sulla riva, svenuto. I fornaciai, i pescatori, lo trovarono lì e lo soccorsero, non era il primo naufrago che era capitato di portare al riparo, ma quella notte conferiva all’accadimento l’autentico sapore del miracolo. Il naufrago, appena fu in grado di farlo, raccontò tra lo stupore generale la sua avventura e la cosa passò di bocca in bocca fino a divenire granitica certezza. La Madonna, ancora una volta, era intervenuta per aiutare un suo figlio in difficoltà.
Le nonne savonesi, generazione dopo generazione, raccontavano volentieri ai nipoti questa storia e non dubitavano affatto che solo l’intercessione della loro amatissima Madre di Misericordia avesse salvato il pescatore. Noi abbiamo trovato questo racconto nelle pagine di Giuseppe Cava, il nostro Beppin da Ca’, e lo abbiamo riproposto, rielaborandolo con qualche licenza “poetica”, perché fa parte di noi, della nostra storia, delle nostre tradizioni, di un vissuto lontano che abbiamo sotto la pelle, anche quando non lo sappiamo.
Adesso i lumini in mare li mettiamo, ogni anno, la sera del quattordici agosto. Siamo tutti più cinici, meno semplici, ambientalisti politicamente corretti o quasi, fieri che tutto il materiale utilizzato sia ormai biodegradabile, ma inconsapevolmente rievochiamo ogni anno la storia di un accadimento che ha commosso i nostri avi. E ancora oggi non finisce di commuovere.