RISORGIMENTO PRIVATO, IL “NOSTRO” GARIBALDI

In una Savona che vive il Risorgimento partecipando attivamente agli eventi, Giuseppe Garibaldi visita la città, in veste ufficiale, due volte. La cronaca, in parte certificata e in parte immaginata dai Ciceroni per gioco.

E’ il 17 novembre 1859 e a Savona fa una breve apparizione un personaggio molto amato, Giuseppe Garibaldi. La cronaca di questo evento ce la propone nientemeno che un giovanissimo Pietro Sbarbaro (1838 – 1893)giornalista, sociologo, politico, dalle pagine del quotidiano savonese Il Saggiatore.

“Quantunque fosse tempo piovoso e freddo l’agitazione popolare fu istantanea e generale a tal che, al giungere della vettura, si trovò zeppa di gente di ogni classe ed età la grande piazza del Teatro dove scendeva l’illustre Personaggio per prendere qualche refezione al vicino Albergo dell’Universo.”  

piazza del teatro savona fine 800

Un’istantanea preziosa che si consegna un pezzetto di Storia. Piove, fa un bel freddino, ma qualcosa scalda gli animi. Si è sparsa voce che il Generale sia entrato in città. Viaggia in diligenza, viene da Genova e la sua meta è Nizza, città natale. Il viaggio è lungo e a tratti pericoloso, le strade, per lunghi tratti, non adeguate alle necessità. A tale proposito riportiamo qualche frammento dei mugugni dell’epoca tratti dal Nuovo Giornale Ligustico di Lettere, Scienze ed Arti edito dalla tipografia Ferrando di Genova. “La via provinciale da Genova a Nizza è di molto vantaggio, ma non è ridotta per anco a tal grado, che se ne possa parlare con lode. Mancano i ponti sul Leirone, sul Laestra e sul Teiro, tutti e tre nel distretto di Varazze. Il vetturino ristà sulla sponda a contemplare quelle acque minacciose che volgendo sassi ed increspandosi e spumeggiando corrono a versarsi nel mare.” A occidente di Savona le cose vanno un po’ meglio, ma “in parecchi punti la strada è troppo stretta e due carri che s’incontrino mettono i vetturali in un impiccio somigliante a quello che nelle città chiamasi incontro di cocchi”. Insomma, ci vuole del fegato a mettersi in viaggio.

Lui, l’Eroe dei due Mondi, è abituato a ben altri disagi, ma una pausa la gradisce. Probabilmente è anche affamato e non gli sembra vero di poter scendere all’Albergo che con un pizzico di megalomania si autodefinisce dell’Universo per prendere qualche refezione”. E’ lecito porsi in merito una domanda banale, cosa avrà mangiato? La figlia Clelia, nel suo libro Mio Padre, ci racconta tra le altre cose le abitudini alimentari dell’amatissimo papà. Sappiamo così che Garibaldi ama i piatti della tradizione ligure come il minestrone con il pesto, adora la bouillabaisse, una zuppa di pesce di origine marsigliese che si cucina anche a Nizza, il formaggio di capra, la carne alla brace, in particolare il churrasco che ha imparato ad apprezzare durante i lunghi soggiorni sudamericani. Ci auguriamo che l’albergo, grazie alla sua universalità, si sia fatto onore!

Clelia con il padre Garibaldi

Dopo questa breve divagazione di stampo gastronomico, per tornare all’atmosfera di quell’elettrizzante mattinata savonese, ci chiediamo se il Generale abbia messo in conto, in una città di provincia, quella folla eterogenea che lo aspetta in piazza del Teatro, che lo acclama, che quasi non gli consente di scendere dalla carrozza, che tenta di sollevarlo e di portarlo di peso in albergo, in trionfo. Quale sarà stata la sua reazione a tanto entusiasmo? Avrà arringato brevemente la folla? Avrà ringraziato per l’affetto che lo circonda fino quasi a soffocarlo? La cronaca non ci consegna purtroppo altri particolari, ma qualcosa ci spinge a pensare che abbia rivolto ai convenuti un semplice gesto di saluto. E’ un ligure anche lui – padre genovese, madre loanese – di quei liguri veri, taciturni e determinati, avvezzi ad agire piuttosto che a parlare. E magari tutto quell’entusiasmo, quel bagno di folla, lo disturba. E’ ligure, dicevamo, e quindi un pochino stӧndaiӧ.

Azzardiamo che si sia guardato bene dal mettere piede fuori dall’albergo prima della ripartenza. Le ovazioni possono anche far piacere ma, se reiterate, finiscono per diventare stucchevoli.  Comunque non si perde alcunché perché la città non gli è nuova. Giovane marinaio, gli era capitato più volte di attraccare in porto a Savona e forse in quelle occasioni aveva potuto gironzolare per i vicoli, assaggiare ‘a fainà  guidato dal profumo irresistibile verso gli antichi locali che la servivano (e la servono tuttora) incastonati nei muri medievali dei caruggi, bere “ün gottӧ de vin” nelle mescite della Calata, magari visitare uno di quei luoghi di cui si parla sottovoce dove l’amore si compra e dopo un attimo si dimentica. Bei tempi, quando era solo un giovane come un altro, fasciato nei ruvidi panni del marinaio mercantile, inconsapevole del futuro straordinario che lo aspettava.

antica calata con velieri Savona

Per tornare a quel diciassette novembre, se ha potuto rifugiarsi in albergo ed evitare la calca dei fin troppo entusiasti savonesi, non può sfuggire alla rappresentanza di ottimati che, superati gli ostacoli, si infilano con disinvoltura nella hall. Gli vengono rivolti saluti ed encomi da emozionati amministratori locali con i quali “si trattenne a lungo e con la usata sua famigliarità”. Probabilmente il più gradito è quello del presidente della Società Operaia che lo arringa sulla falsariga del discorso preparato ancora dal giovane talentuoso Pietro Sbarbaro. Le corde del Generale, socialista da sempre, vibrano per il popolo di cui dichiara di essere orgogliosamente figlio, come sottolinea nel breve ringraziamento che improvvisa.

Non che sia nuovo a queste situazioni, di accoglienze calorose ne ha ricevute tante, ha dovuto immergersi in bagni di folla ben peggiori, ma questo non toglie che lui si senta a suo agio sui campi di battaglia, sui mari che ha navigato in tutto il mondo, assai più che nelle relazioni pubbliche. E’ diventato, suo malgrado, la prima pop star della storia (che gli dei ci perdonino!) un fenomeno mondiale che fatica a digerire. Nel contempo ne è lusingato.

Riparte presto, probabilmente già affaccendato nella preparazione di quella che sarà, di lì a pochi mesi, la Spedizione dei Mille. Cronista dell’impresa il garibaldino cairese Giuseppe Cesare Abba che, con quelle che definisce fin troppo umilmente “noterelle” ci consegna il clima autentico di giorni esaltanti e terribili che segneranno la storia d’Italia.

copertina da "Quarto al Volturno"

La scena si ripete ventuno anni dopo, ancora più in grande stile, la data è quella nel 9 novembre 1880. Nella giovane stazione di Savona si accalcano ventimila persone, così ci informa un altro prestigioso giornale  locale “Il Cittadino, Gazzetta di Savona”. Ancora tempo orribile, forse peggiore di quello che lo aveva accolto nell’occasione precedente. Ma sempre a novembre doveva arrivare il nostro?

 “Una pioggia fittissima, uggiosa cadeva su quella infinita onda di teste umane agitate da un solo pensiero, quello di rendere omaggio di ammirazione e di affetto all’invitto baiardo della libertà, che è la più pura personificazione del patriottismo italiano, all’uomo più popolare del nostro secolo.

Non è più il giovane belloccio e vigoroso che faceva tremare ogni esponente del genere femminile e nemmeno il condottiero impavido temuto dagli avversari, ma un vecchio che viaggia sulla lettiga, affaticato e malato, tuttavia l’alone di rispetto e di entusiasmo che lo circonda è immutato. Non scende dal treno, gli sarebbe troppo faticoso, si limita a ricevere una delegazione di savonesi che salgono a rendergli omaggio. Pallida ombra di sé stesso, Garibaldi li accoglie circondato dalla famiglia, la terza moglie Francesca Armosino, alcuni tra i numerosi figli e figlie e i più fedeli compagni d’armi, quei pochi che sono riusciti come lui a sopravvivere agli innumerevoli campi di battaglia. Ma la città lo ama alla follia, come e più di prima, il popolo inneggia al suo nome, mentre si fa notare l’assenza degli esponenti del governo cittadino, definito con disprezzo “clericale” dalla stampa progressista.

Il treno riparte dopo la breve pausa, accompagnato dalle ovazioni dei convenuti, dai canti a squarciagola dell’Inno di Garibaldi che sovrastano persino lo sferragliare dei vagoni.  Si scopran le tombe, si levino i morti, i martiri nostri son tutti risorti!  Le spade nel pugno, gli allori alle chiome ….

Che pathos!

Sta per chiudersi un’era e Savona può dire, anche questa volta, di averne fatto parte.

Se questo articolo ti è piaciuto condividilo
Vuoi rimanere aggiornato?Iscriviti alla newsletter