Viziati dal bello
Capita sovente che non ci si accorga, o non si dia peso, alle opere d’arte disseminate per la città. Un città, Savona, piuttosto piccola, di provincia, che stupisce per la quantità di bellezza e di arte che offre, lasciando però indifferente la maggior parte dei savonesi stessi. Un po’ viziati dal bello, dunque, o pin de muscitae? 😄 Sicuramente i turisti, in massima parte crocieristi, che vediamo ogni giorno con il naso per aria, persi nello splendore delle nostre torri, delle nostre chiese, dei nostri caruggi, ma anche della nostra arte contemporanea, apprezzano di più.
Un esempio clamoroso di questa cattiva abitudine di tanti (ma non tutti) i savonesi di non accorgersi o non dare il giusto peso ai gioielli della loro città è rappresentato dalla “fontana del pesce”. Sarà perché si trova al centro di una delle piazze più trafficate e caotiche, sarà perché l’opera scultorea è disgraziatamente circondata da un parcheggio a raggiera che ne mortifica la bellezza, sarà, sarà … ma intanto, quanti sono coloro che sollevano gli occhi dal telefonino e le dedicano qualcosa più di un’occhiata frettolosa e distratta? E quanti quelli che pensano solamente “accidenti, quel tipo mi ha appena soffiato l’unico parcheggio disponibile”?
L’artista
Renata Cuneo (1903 – 1995), scultrice, illustre nostra concittadina, ne è l’autrice. Chi l’ha conosciuta e frequentata la descrive come una donna minuta, timida e carismatica a un tempo, dalle piccole mani che sapevano rivelarsi piene di forza creatrice nel plasmare la materia. Un’artista vissuta nel Secolo breve che di questo secolo ha saputo sintetizzare le inquietudini, le spinte evolutive e persino i ripensamenti, passando attraverso l’esperienza del Movimento Futurista, l’influenza dell’opera del Maestro Arturo Martini, per poi approdare a quell’interpretazione personale del neoclassicismo che le era più congeniale. Parliamo della prima artista donna ad aver avuto una sala dedicata alla Biennale di Venezia, nel 1942.
A lei e al nostro amatissimo presidente Sandro Pertini è intitolato il museo che raccoglie la prestigiosa collezione d’arte donata dal presidente alla città e le opere di Renata Cuneo parimenti donate dall’artista alla sua città natale.
Sotto la lente
Per tornare alla nostra “fontana del pesce” come viene chiamata dai savonesi, cominciamo col dire che in realtà il titolo della scultura è “Lotta tra uomo e squalo”. Realizzata nel 1963 e inaugurata due anni dopo, la fontana nel suo complesso è composta da tre vasche, una circolare e due ellittiche, al culmine delle quali è posto un masso di pietra verde, un ofiolite formatosi in un antico fondale oceanico, proveniente dal comune di Stella. Il masso sorregge due figure, l’uomo e lo squalo appunto, che lottano e si contorcono cercando di sopraffarsi a vicenda. Uno sforzo immane che offre alla scultrice l’occasione di evidenziare la tensione muscolare dell’uomo creando suggestioni non prive di velato erotismo. Questo ha dato luogo, al momento dell’installazione dell’opera sessant’anni fa, al diffondersi di ipotesi che sconfinavano nel pettegolezzo sull’identità del modello utilizzato dalla Cuneo per il suo lottatore. La più diffusa sosteneva che si trattasse di un camallo del porto di cui l’artista si sarebbe tra l’altro innamorata. In realtà sappiamo che due furono i modelli, uno scelto per la muscolatura accentuata, l’altro per il bel viso, facendoci comprendere che la Cuneo era alla ricerca di un ideale di bellezza maschile difficilmente riscontrabile nella realtà e intendeva dare al suo lottatore ciò che Michelangelo diede al suo David, ovvero quella bellezza assoluta che dovrebbe elevare lo spettatore a un livello quasi mistico di contemplazione.
Anche lo squalo è emozionante. Trattenuto per le pinne dalle mani dell’uomo, si inarca per liberarsene e getta verso il cielo uno zampillo potente che bagna entrambi, rendendo lucido e suggestivo il corpo dei contendenti. Interessante notare che in questo scontro non ci sono vincitori né vinti. Le forze in campo sembrano equivalersi, il bilanciamento è evidenziato dal movimento delle figure che divergono e s’incontrano in un intreccio che ricorda gli equilibri michelangioleschi.
E questa lotta, cosa vuole comunicarci? Chi è il lottatore se non l’essere umano impegnato con tutte le forze a sua disposizione nel tentativo di vincere le avversità, di superare i suoi limiti o addirittura di domare, incarnandoli nell’avversario, in questo caso lo squalo, i suoi dèmoni interiori? Oggi, con una nuova consapevolezza ambientalista e forse un disincanto che all’epoca non ci apparteneva, intrisi di una cultura animalista che talvolta, nei suoi eccessi, sfiora il ridicolo, potremmo leggere il tema come il desiderio dell’uomo di prevalere sulle altre specie, con tutte le conseguenze negative che ciò comporta e quasi sicuramente ci troveremmo schierati a favore dello squalo, cosa che nei favolosi Sixties sarebbe stata improbabile.
Una presenza oramai imprescindibile
La fontana fa parte della storia della città da quasi sessant’anni, dicevamo, e ne ha condiviso grandi e piccole storie quotidiane. Anni fa, quando gli inverni erano ancora tali, non era infrequente, nelle giornate più rigide, vedere gli studenti che all’uscita dalla scuola si lanciavano in entusiasmi e pericolose scivolate sul ghiaccio dei gradoni. Né sono mancati episodi, ancora di stampo goliardico, di versamento di detersivo nell’acqua con conseguente allegro ruscellare di bolle verso le vie del centro.
Poi lo stop, per parecchi anni, dei giochi d’acqua e di luce. Un serio problema di infiltrazioni dalla base della fontana al sottosuolo ha costretto alla chiusura e il costo stimato, proibitivo, per ripristinare la struttura ha spaventato gli amministratori. Fortunatamente alcuni anni fa i fondi necessari sono stati reperiti e la fontana é tornata ad allietare i savonesi e i fӧresti.
Permangono purtroppo, o si sono ripresentati, alcuni problemi che elenchiamo nella speranza che chi di dovere possa al più presto risolverli.
L’illuminazione è carente e il posizionamento delle luci infelice. Un elemento essenziale della scultura, il muso dello squalo, rimaneva al buio. Ad oggi l’intera scultura non è più valorizzata dalla luce, mentre rimangono illuminate le vasche.
L’attuale scarsissima portata d’acqua dello zampillo gettato in aria dal pesce toglie parte del significato dell’opera. Allo stato attuale sembra – e non vorremmo essere irriverenti – che lo squalo stia facendo i gargarismi. Qual è il problema? Ostruzione da calcare? Insufficienza del sistema di pompaggio?
La condizione dell’acqua nella vasca basilare, sulla cui superficie chiazze di schiuma giallastra galleggiano beate, lascia alquanto a desiderare. E’ necessario provvedere alla periodica pulizia e possibilmente installare un efficiente sistema di filtraggio.
Dispiace anche che continui a mancare un cartello che riporti il nome dell’artista autrice dell’opera. Renata Cuneo lo attende da sessanta anni. Savona, candidata Capitale della Cultura 2027, lo merita.