La chiesa senza tetto

Eh sì,  parliamo di una chiesa, o meglio di ciò che ne rimane, che viene definita proprio così. Più che un luogo in senso stretto, quella che vi proponiamo è un’esperienza multisensoriale che ha luogo il ventinove giugno – la data può variare di qualche giorno – ricorrenza dei santi Pietro e Paolo (misure anti Covid permettendo).

Per chi non la conoscesse, provate a immaginare, in una notte di mezza estate, uno scampolo di campagna non lontano dal mare, nascosto, quasi segreto, mura millenarie ad avvolgervi come in un abbraccio, un pavimento d’erba e un tetto di stelle, quelle brillanti e vicinissime del cielo di giugno. L’illuminazione, fornita dalla Protezione Civile, allunga le ombre, scava gli anfratti,  buca il buio e la notte. Intorno a voi altre persone pervase dall’atmosfera mistica, unite da una vicinanza al trascendente, alla storia e alla natura, difficili da trovare altrove così profondamente intrecciate. Le persone attorno, dicevamo, pregano e cantano, ognuno si rivolge all’entità soprannaturale in cui crede, ci sono cristiani, musulmani, ebrei, buddisti, induisti. Si dice siano sette le fedi  rappresentate. Ci sono probabilmente anche quelli che non credono affatto, o credono in un ordine cosmico che regga le sorti dell’universo, e tutti quanti sono coinvolti nell’incanto del luogo, del momento e della condivisione. Per una notte si realizza il miracolo di un ecumenismo di cui il mondo avrebbe davvero bisogno.

Ci troviamo a Savona,  nel quartiere di Légino, quello di cui abbiamo già parlato e che riserva sempre sorprese e suggestioni. Proprio qui i nostri antenati, all’incirca mille anni fa – gli storici attribuiscono la fondazione della chiesa alla prima metà dell’undicesimo secolo – avviarono la costruzione di un piccolo edificio religioso in onore dei Santi Pietro e Paolo (all’inizio, del solo Paolo) una vera e propria chiesa o una cappella, non è chiaro. Non ne rimane molto, quel tanto che basta per riconoscere nei muri laterali – scomparsa l’abside originale? Quella presente è stata aggiunta in seguito? –

la mano dei maestri lombardi che operavano anche in Liguria e il fascino dello stile protoromanico. Lo testimoniano quelli che gli studiosi definiscono archetti binati e la forma particolare delle monofore ancora presenti.

Nel XIV-XV secolo furono eseguiti lavori di consolidamento  e potrebbe addirittura essere stata allungata e “ruotata” la chiesa, capovolgendone l’asse, a discapito dell’orientamento verso la Terra Santa. Una pratica tutt’altro che inusuale, che ha riguardato anche altre chiese della zona, ma sulla quale, per quanto riguarda San Pietro e Paolo, alcuni esperti hanno sollevato dubbi. Allo stesso periodo risalirebbero gli affreschi, ormai quasi completamente illeggibili, corrosi dal tempo e dagli agenti atmosferici. Viene da chiedersi perché costruirla proprio qui, in una zona rurale, apparentemente di scarsa importanza, lungo una direttrice che la collega alla vicina chiesa di Santa Anastasia,  convertita, chissà quando e chissà perché, in casa colonica e sede di un sito sepolcrale di epoca tardo romana, e per la quale alcuni ipotizzano una data di nascita risalente al VII-VIII secolo, anche se l’ipotesi più accreditata è ancora quella della metà dell’XI secolo.

A proposito, Santa Anastasia o Sant’Anastasio? Nei testi antichi le versioni sono due, ma non si tratta probabilmente di una persona, di un santo o una santa in carne e ossa, ma dell’anastàsi, la resurrezione, così come a Istanbul, l’antica Costantinopoli, Santa Sofìa è la Santa Sapienza di Dio.

Per tornare alla nostra chiesa senza tetto, forse si era voluto purificare un sito pagano con la costruzione di una chiesa cristiana dove già esisteva  un culto, di probabile origine celtica, che vuole che qui si venerasse una misteriosa pietra dalle proprietà soprannaturali? La pietra, l’acqua del torrente, magari un arbusto di vischio o la quercia, sacra agli dei. Gli elementi per immaginare un druido che officia un rito non mancano. Ed è plausibile che ancora nel XVI secolo non se ne fossero del tutto perdute le tracce, che ancora tra il popolo qualcuno prestasse fede a questa superstizione, tanto da suscitare lo sdegno delle autorità religiose?     

La collocazione della chiesa, appunto. Occorre tenere presente che la stessa era situata su una frequentata, per quanto modesta, via di comunicazione con la pianura padana. Un particolare che ci parla di traffici e spostamenti  in un’epoca di solito considerata oscura e arretrata, apparentemente ripiegata su se stessa, e ci porta di conseguenza e chiederci quale fosse  la situazione di Savona al tempo della costruzione di San Pietro e Paolo. Possiamo parlare di  work in progress, infatti la piccola, vivace comunità stava cercando di affrancarsi dalla signoria dei marchesi aleramici, stringendosi intorno al vescovo e costituendo la Compagna, datata 1014, prima forma di aggregazione civica che precorreva la nascita del libero Comune. Ovviamente i marchesi si opponevano, pur avendo contro anche l’imperatore, Enrico II detto il Santo

prima, e quindi il successore Corrado il Salico

che desideravano limitarne l’autonomia e il potere percepito come una minaccia alla propria autorità, e appoggiavano volentieri le istanze indipendentiste dei savonesi. Esistono diplomi dell’epoca nei quali i marchesi si impegnano, a denti stretti, a non esagerare. Non farò questo e quello, non costruirò castelli e torri in città, non imporrò tasse oltre quelle dovute, non effettuerò requisizioni … Ma mantenere gli impegni  è tutt’altra cosa che sottoscriverli. Gli abusi non cessavano e i savonesi, come oggi di poche parole e molti fatti, non esitarono a farsi giustizia da sé, linciando senza pietà Manfredo e Anselmo, figli del marchese Ottone, per punirli di una non meglio specificata “tentata violenza contro l’altrui honestà”. Fa pensare si tratti di violenza nei confronti di una o più donne questa frase, donne allora più che mai esposte alla prepotenza bestiale di uomini, segnatamente i potenti. Pratica vergognosa purtroppo ancora attuale.

Tempi difficili, dunque, nei quali la fede doveva probabilmente essere  l’unico rifugio a tanta violenza e sopraffazione. Ed ecco che questa piccola chiesa diroccata, ricca di suggestioni, ha saputo farci immergere col pensiero in un’epoca lontana, e sentire come ancora vive e reali le persone che la vollero, la edificarono, la venerarono per secoli. Una piccola chiesa che ha offerto, con ogni probabilità, conforto e riparo ai viandanti che affrontavano un lungo viaggio sulle strade che univano il mare alla pianura, la pianura al mare, allora come adesso.    

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