Qualche tempo fa, una persona ci chiese in privato notizie sulla Zecca di Savona. Dopo esserci documentati – dell’argomento, lo ammettiamo, non avevamo che un’infarinatura – fummo in grado di rispondere al gentile interlocutore. A distanza di qualche mese, visto che “ ’e palanche sun palanche” e considerato che “cittu fa cittu”, abbiamo pensato di condividere ciò che avevamo trovato in merito.
Dobbiamo a Ludovico il Bavaro (Monaco di Baviera, 1282 – Furstenfeldbruck, 1347)
sceso in Italia nel 1327 per essere incoronato imperatore a Roma, il diploma, stesso anno, che concedeva ai fedeli sudditi savonesi, da sempre ferventi ghibellini, il privilegio di battere moneta imperiale.
Non manca chi sostiene che già prima di questa data venisse battuta moneta in città, ma non ci sono notizie certe in proposito. Sul Bavaro invece, e sul suo diploma targato 1327, non ci piove.
Ma, in concreto, dove si battevano queste monete? Probabilmente dove capitava, in officine temporaneamente autorizzate e sorvegliate con attenzione o addirittura fuori città, presso coniatori esperti, in nome e per conto del libero Comune.
Il quale libero Comune, nel 1348, si dotò di una vera zecca, intesa come luogo deputato al conio, situata con ogni probabilità sulla Chiappinata, la main street della Savona medievale, che collegava la piazza del Brandale con la Cattedrale sul Priamar.
Tra i vari coni battuti a Savona troviamo il pregiato fiorino d’oro, l’obolo, la patacchina o petachina, la mezza patacchina, il soldino, il denaro grosso.
Interessante notare come i nomi delle monete di minor valore abbiano finito per diventare sinonimo di elemosina o di cianfrusaglia.
Nel successivo XV secolo, altre monete dai nomi altisonanti si aggiunsero, il ducato, il doppio ducato, il testone, l’ottenne, il due grossi e il tre grossi o cavallotto. Sul lato dritto, o testa, campeggiava l’aquila imperiale, sul retro la croce e la scritta SAONA, SAONE o, in seguito, SAVONAE CIVITATEM. Tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo comparve l’immagine della Vergine in trono con il Bambino, in luogo della croce.
Sull’autenticità e qualità delle monete vigilava un Ufficio apposito – composto da tre membri periodicamente eletti – che, dai propri locali situati nel Brandale, garantiva il buon operato della zecca e l’affidabilità della valuta emessa dalla Repubblica Marinara di Savona che commerciava con successo crescente in tutto il Mediterraneo. Un successo che inevitabilmente finì per infastidire qualcuno. Ma questa è un’altra storia.