Parlare di Varigotti, della sua splendida Baia dei Saraceni, è come sfondare una porta aperta. Tutti, più o meno, la conoscono, ben pochi non hanno avuto la fortuna di andarci. Ma … degli ultimi bagni di ottobre, quando il sole, il mare e le temperature quasi estive diventano un vero e proprio regalo, che dire? E, per non parlare di cose che non si sperimentano in prima persona, eccoli qua i Ciceroni, “pucciati” nel mare cristallino che ancora non sa d’autunno. Arrivati la mattina, non abbiamo potuto lasciare l’auto nel comodo parcheggio che costeggia l’Aurelia – a questa stagione chiuso – ma siamo riusciti ugualmente a parcheggiare senza problemi. Imboccato il vialetto ripido che conduce al mare, siamo giunti in fondo alla brevissima discesa dove abbiamo constatato che la mareggiata dei giorni scorsi ha reso più difficile il già impervio passaggio sugli scogli, comunque affrontabile con la dovuta attenzione. Veniamo colti da un amletico dubbio. Svoltare a destra e optare per il gioiellino, la minuscola baia vera e propria, senz’altro la più suggestiva, o girare a sinistra per godere della lunga spiaggia del Malpasso, forse un pochino meno strabiliante ma baciata dal sole fino a tarda sera? Decidiamo di non perdere neanche un attimo del sole mattutino comodamente sdraiati sulla rena del “gioiellino” e immersi nelle sue limpide acque.
Davvero ridotta la striscia di sabbia dopo la furiosa mareggiata dei giorni scorsi, comunque sufficiente visto che siamo gli unici al momento ad usufruirne. Alle nostre spalle il promontorio di Punta Crena ci abbraccia volgendosi verso oriente. Facile capire come questo stupefacente porto naturale abbia attratto i naviganti fin dai tempi remoti . Al riparo sotto la vegetazione fitta (leggiamo che si trovano qui una settantina di specie botaniche particolari, adattate alla salinità del terreno) chissà quante imbarcazioni hanno aspettato la fine della tempesta. E infatti prima i Romani, poi i Bizantini, poi i Saraceni hanno eletto la piccola baia a rifugio. Solo i Longobardi, rudi uomini di terra e non di mare, dopo averla distrutta l’hanno snobbata, decretandone la decadenza. Un tempo il borgo di Varigotti, Varecotis, era qui, sul lato orientale del promontorio. Ne rimane qualche testimonianza, come il muro possente che si intravvede e che un tempo con ogni probabilità cingeva le antiche strutture.
Chi ha lasciato veramente il segno sono stati proprio loro, i cosiddetti Saraceni (nome comunemente usato per indicare un melting pot antesignano di Vandali, Baschi, fuorusciti di ogni dove) che resero la Baia un avamposto della casa madre di Frassineto in Provenza per le scorrerie sulla costa, senza disdegnare l’entroterra. Siamo nel IX/X secolo d.C. La relativa pace di cui la nascente Europa ha goduto sotto Carlomagno è finita a causa dell’inettitudine dei suoi eredi e della spinta musulmana che sta colonizzando il bacino occidentale del Mediterraneo. I Bizantini ben poco possono fare e soprattutto non sono interessati a fare, occupati a fronteggiare i problemi di casa loro, ovvero la difesa della pars orientalis. Frassineto, l’odierna La Garde-Freinet, diventa la base da cui vengono pianificate le azioni di pirateria, nonché l’emporio dove le merci e le persone razziate sono vendute. La pirateria è un’attività da sempre praticata e non moralmente eccepibile come la vediamo noi oggi, anche Ulisse e con lui tutti i Greci la esercitavano regolarmente, basti pensare alle scorrerie di Achille nel Chersoneso per rifornire l’esercito di Agamennone sotto le mura di Troia. Personaggi letterari, è vero, ma in grado di raccontarci una società arcaica come quella della tarda età del bronzo, testimoniando una consuetudine mai sopita che ha segnato la civiltà del Mediterraneo attraverso i millenni. I Saraceni forse esagerano un po’ e la vita delle popolazioni, costiere e non, del Tirreno diviene impossibile.
Ecco, una vela sbuca dal promontorio e punta ad est, distraendoci dal fascino della Storia. Una pizzico d’invidia ci coglie vedendola sfilare verso il largo, sempre più piccola. Ma è mai possibile provare invidia stando sdraiati in questo paradiso?
Pensiamo alle antiche popolazioni locali, alle difficoltà enormi che hanno dovuto affrontare. Tanti hanno abbandonato la costa per cercare, forse vanamente, rifugio nell’entroterra, dando vita a borghi fascinosi abbarbicati a cocuzzoli impossibili. Alcuni sono rimasti, affidandosi alla buona fortuna, alla protezione dei santi, ai tempestivi avvistamenti dalle torri, alle campane suonate a martello. Si salvi chi può, sciu turcu, m’arendu! Altri, razziati e venduti, hanno trovato il compimento del loro destino in luoghi lontani.
Un bagno adesso è d’obbligo. L’acqua a questa stagione è ancora tiepida, ha assorbito l’irraggiamento solare di tutta l’estate e lo sta cedendo pochissimo alla volta, sembra tesaurizzarlo per garantirci il consueto inverno mite. Vorremmo nuotare piano verso ovest e raggiungere così la spiaggia segreta di Punta Crena, quella che si conosce poco perché difficile, via terra, da conquistare, e perché storicamente frequentata dai naturisti. Torniamo a riva invece, sopraffatti dalla pigrizia, e ci dirigiamo alla spiaggia del Malpasso dove il sole durerà ancora a lungo.
Vista stupenda anche da qui. Macchia mediterranea fittissima dalla quale emergono rovine piene di fascino e di interrogativi. Sopra di noi si affaccia l’antica chiesa di San Lorenzo, da raggiungere superando una salita non impegnativa che regala scorci paesaggistici imperdibili.
Al di là di Punta Crena, l’odierna, modaiola Varigotti, nata dallo spostamento a ovest del nucleo abitativo. Ha subito gravi danni dalle mareggiate dell’ottobre 2019, ma è tornata bellissima nella sua unicità, così com’era. Traccia della cultura moresca è evidente nella particolare architettura di alcune case del borgo.
Ancora loro, questi pirati commercianti, portatori di tragedia e di nuova linfa vitale.
E poi, che fine hanno fatto costoro? Sono stati sterminati dalle forze congiunte ligustico-provenzali nel 983? Sono ricomparsi periodicamente, sconfitti ma non piegati, a taglieggiare le popolazioni locali almeno per altri sei secoli? Sono tornati alle loro terre d’origine? La risposta è molto semplice, sono dentro di noi, in qualche frammento della doppia elica che testimonia lontani incroci. E nelle nostre parole, nei nostri modi di dire, non solo dei Varigottesi, ma di tutti i Liguri. Se no, perché chiameremmo mandillӧ il fazzoletto e ci rivolgeremmo alla zia con un affettuoso lalla? Perché faremmo saltare sulle ginocchia i più piccoli, cantilenando scialla scialla che arriva papà? Inch’Allah, se Dio vuole, arriva papà! Perché la globalizzazione, l’integrazione, dopo tanta sofferenza, hanno avuto qui un banco di prova di tutto rispetto.
E intanto il guardo steso nell’aria aprica, mi fere il sol, che tra lontani monti, dopo il giorno sereno, cadendo si dilegua …
Non siamo a Recanati, ma la bellezza non ha confini.