San Valentino si avvicina, tutti pronti? Fiori, cioccolatini, cuori ai blocchi di partenza? Non c’è motivo di dubitarne. Anche quest’anno gli innamorati si scambieranno zuccherosi biglietti, quelli che innamorati non sono più si sentiranno comunque in obbligo di non lasciare passare la ricorrenza sotto silenzio, pena gravi rappresaglie da parte del/della partner (di solito è lei che s’indigna). Da tempo si lanciano anatemi contro il lato commerciale della festa. Ma esiste ancora qualcosa che non abbia un risvolto commerciale? E ancora, vale la pena assumere atteggiamenti censori che andrebbero forse indirizzati verso circostanze più meritevoli di sdegno?
La storia di San Valentino
Tanto per cominciare, perché San Valentino è il patrono degli innamorati? La storia è piuttosto intricata. Pare che l’origine della festa, come al solito, sia pagana, poi ammantata di politicamente corretto dalla Chiesa. Nel mese di febbraio, nell’antica Roma, il quindici per la precisione, avevano luogo i Lupercalia, sorta di rito collettivo della fertilità non propriamente da educande. Matrone discinte per strada, giovanotti altrettanto discinti armati di frusta, roba da far arrossire l’autrice di Cinquanta sfumature di grigio.
Nell’anno 496 d.C. Papa Gelasio – che ne aveva abbastanza di queste pratiche disinvolte, in netto contrasto con la visione cristiana della vita e dell’amore – decise di porre fine ai famigerati Lupercalia, con buona pace del fauno Luperco e dei romani che probabilmente rinunciarono con rammarico alle vecchie abitudini, sguaiate ma divertenti.
Tanta energia, però, doveva in qualche modo essere incanalata e cancellare una festa molto apprezzata poteva risultare controproducente, considerazioni che indussero con ogni probabilità Gelasio ad anticipare al giorno quattordici, già dedicato a San Valentino, i festeggiamenti, rivolti ai giovani innamorati, meglio se intenzionati a santificare il loro amore con il vincolo del matrimonio cristiano. Perché proprio Valentino? In primo luogo, forse (il condizionale è d’obbligo) per una vicinanza di date che avrebbe reso meno amara la privazione dei Lupercalia e poi per la nomea di protettore degli innamorati che già aleggiava intorno alla figura del santo. Nato a Terni (l’antica Interamna) nel 176 – uomo di fede, consacrato vescovo della città natale da Papa San Feliciano nel 197, autore di numerose guarigioni miracolose – pare avesse particolarmente a cuore la gioventù, che incoraggiava a percorrere la via del matrimonio e della procreazione, in tempi difficilissimi per la comunità cristiana sottoposta a persecuzione.
La leggenda (o la realtà tramandata oralmente, chi può dirlo?) narra che avesse riportato l’armonia tra due fidanzati litigiosi donando loro una rosa. Il 14 febbraio del 273 d.C. Valentino morì, alla ragguardevole età di novantasette anni. Martirizzato? Il dubbio c’è, vista l’età del vescovo, e considerato che entrano in causa secondo alcuni storici altri due Valentini, come lui protocristiani e martiri, cosa che fa dubitare che l’agiografia tramandata sia piuttosto una miscellanea delle vite di tutti e tre. Si dice anche che la motivazione della condanna e del conseguente martirio sia stata quella di aver favorito il matrimonio “misto” tra la giovane Serapia, seguace di Cristo, e Sabino, legionario romano, ancora legato al culto pagano. Questo porrebbe il Santo e le sue prese di posizione in una luce di stupefacente attualità, considerando che ancora oggi non mancano barriere mentali in merito.
Si deve al poeta inglese Geoffrey Chaucer (quello dei Racconti di Canterbury) a distanza di quasi dodici secoli dall’epoca del vescovo Valentino da Terni, la definitiva consacrazione della festa degli innamorati al Santo, associato a Cupido nel suo poema Parlamento degli uccelli, redatto in occasione del fidanzamento di Riccardo II d’Inghilterra e Anna di Boemia.
Pur avendo sollevato qualche dubbio sull’unicità di Valentino e sul martirio, dobbiamo riportare il fatto che nel 1605, quando un certo vescovo Onorati ebbe l’incarico di ritrovare il corpo del santo, incarico coronato dal successo, nella semplice urna che lo conteneva (minimalista all’apparenza, all’interno riccamente scolpita, indice dell’importanza della salma contenuta e del tentativo di depistaggio di eventuali profanatori) la testa fu rinvenuta separata dal busto, il che avvalora la tesi della decapitazione.
Ed è qui che entra in gioco Savona …
In quell’occasione, come d’uso al tempo, le reliquie furono suddivise e distribuite tra le comunità ecclesiastiche ritenute meritevoli di ospitare i preziosi resti. Fu allora che un braccio di San Valentino trovò ospitalità nella Chiesa di San Giacomo di Savona.
A distanza di due secoli circa, nel 1801, in piena epoca napoleonica, quando per il Convento e la Chiesa di San Giacomo ebbe inizio una lunga serie di traversie, con la trasformazione del Complesso dapprima in caserma, poi in ospedale, lazzaretto, cimitero e di nuovo caserma – con danno irreparabile per la città, considerata la mole di manoscritti appartenenti alla prestigiosa biblioteca del Convento che andarono dispersi e che solo adesso, grazie al lavoro dell’eminente storica, professoressa Romilda Saggini, sono stati in parte rinvenuti e restaurati – la reliquia fu trasferita nella Cattedrale di Nostra Signora Assunta.
E da allora lì si trova, ospite della cappella di San Sisto, come ricorda un’antica lapide che recita:
“Dal lato destro, nel loco delle reliquie si conserva un bracio di Santo Valentino martire, la festa del quale si celebra alli 14 di febraro”.
I Ciceroni, che rivendicano anche in questa occasione la qualifica di principianti assoluti, propongono quindi un modo non convenzionale di passare con la persona amata la giornata più romantica del calendario. Una visita, rispettosa e consona al luogo sacro che la ospita, alla reliquia di San Valentino, ricordando che le effusioni vanno rimandate a quando si esce dalla Chiesa, magari la preghiera, anche laica, di ricevere la protezione del Santo sul proprio amore e poi una giornata a godere del clima, del mare, del paesaggio, delle innumerevoli bellezze storiche e artistiche di una città fuori dal comune.
A Savona, dove amore non fa rima con banalità.